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Il
secondo giorno del mio viaggio in moto è dedicato alle Cinque Terre. In realtà
non è possibile visitarle tutte in giornata, a meno che non si voglia correre e
perdersi il gusto di una passeggiata all’interno dei particolarissimi borghi
che si affacciano su uno dei tratti di mare più belli del Mediterraneo. Per
questo, se non si hanno a disposizione almeno due giorni, una selezione è
d’obbligo. In assenza di riferimenti precisi, la scelta migliore è chiedere a
uno spezzino: ognuno risponderà in maniera diversa e consiglierà di visitare un
paese piuttosto che un altro. Ma considerando che sono tutti meravigliosi,
nessuno escluso, ci si può tranquillamente affidare al gusto di chi li conosce
bene, ripromettendosi di tornare per visitare i luoghi che non si è visto.
Andare
in moto alle Cinque Terre è il modo migliore per godersi il paesaggio e i paesi senza stress. Bisogna solo fare
attenzione alle strade che, dalla panoramica SP51, scendono ai cinque borghi:
le discese ripide e le curve molto strette possono mettere in difficoltà,
soprattutto a causa dell’asfalto non sempre perfetto. Tolta questa accortezza,
il resto è puro piacere di guida. Si viaggia lenti, scendendo piano in piega e
rialzandosi senza fretta, scorrendo in maniera fluida tra un costone e l’altro di
roccia. Nel giro di pochi chilometri si sale in montagna e si scende al mare: è
questo il bello della Liguria, una striscia di terra appesa tra il Mar Ligure e
i monti, dove non c’è tempo di godersi un bel golfo che già ci si trova tra i
boschi, sorprendentemente in alto. Andare in moto è anche il modo per fermarsi
senza problemi nei diversi paesi: arrivando in auto, si perderebbe troppo tempo
a cercare un posto, e ci si dovrebbe arrendere a lasciare la macchina in uno
dei parcheggi a pagamento, a volte lontani dall’ingresso dei centri abitati. In
assenza di un mezzo a due ruote, la soluzione migliore è utilizzare il treno,
che percorre il litorale con una buona frequenza e si ferma in tutte le Cinque
Terre: in questo modo, a un costo assolutamente abbordabile, è possibile
dimenticarsi del problema del parcheggio e arrivare direttamente nei vari paesi.
Certo, si perde il gusto della guida. Ma solo la moto offre comodità e il piacere
del viaggio, questo è un dato di fatto.
Il mio
giro, in realtà, inizia a Porto Venere, non una delle Cinque Terre ma assolutamente
da visitare per una breve passeggiata e, magari, un caffè in riva al mare. Il
borgo si estende in altezza, con ripide scalinate scavate nella pietra che salgono
fino al Santuario della Madonna Bianca e, da lì, all’incredibile Chiesa di San Pietro, arroccata sulla
roccia del Promontorio delle Bocche di Porto Venere. Il paesaggio è magnifico e
suggestivo, con la Chiesa che emerge quasi a sorpresa dal mare, e in una
giornata di sole si possono scattare fotografie panoramiche incredibili.
Da
Porto Venere si torna indietro e, dall’ingresso di La Spezia, si imbocca la
SP370, che da Riofreddo diventa SP51 e attraversa il Parco naturale delle Cinque Terre. Lungo i circa 20 km di strada
panoramica fino a Monterosso, il paesaggio è magnifico: la costa ligure, in
basso, scorre frastagliata, bagnata da un mare splendido che invita a scendere
alla spiaggia per un bagno tra le rocce. Il fondo stradale è ottimo e si può
guidare con serenità, senza preoccuparsi di buche o irregolarità. Lasciando la
provinciale per scendere ai diversi borghi, come detto, bisogna prestare più
attenzione, ma non si va mai realmente in difficoltà... automobilisti
contromano permettendo.
Il
primo paese che visito è Riomaggiore. Le case colorate accompagnano il
turista fino al mare, che spunta tra gli scogli affollati di giapponesi
incantati di fronte a uno spettacolo così. Si percorrono le piccole vie
ciottolate, scappando dalla folla per trovarsi nei vicoli più isolati, e
ammirando i piccoli giardini delle villette. La particolarità di Riomaggiore è
la Via dell’Amore, una strada pedonale a picco sul mare che collega il paese
con la vicina Manarola, dichiarata Patrimonio mondiale dell’umanità
dall’UNESCO. Girare in moto, stavolta, è un limite: vorrei percorrere questa
magnifica strada, ma poi dovrei tornare indietro, e il pensiero mi scoraggia in
partenza, anche perché ho almeno altri due borghi da visitare.
La mia
seconda tappa è Corniglia,
che nell’ordine si trova dopo Manarola. Ci si arriva dopo la peggiore tra le
discese alle Cinque Terre che ho provato. La strada è più stretta e rovinata
delle altre, quindi occorre procedere con più calma e attenzione. Tuttavia, una
volta arrivato in fondo, il paese mi accoglie con i suoi vicoli affollati di
negozietti e piccoli locali, fino a un incantevole belvedere da dove godere di
una vista mozzafiato sulla costa sottostante. La mia personale curiosità per le
vie meno frequentate mi porta a inoltrarmi in un vicolo deserto, tra case
apparentemente abbandonate e piante di fichi, fino a un altro belvedere, forse
migliore del primo, che non avrei scoperto se mi fossi limitato al classico
percorso turistico. Sarà lo spirito del motociclista, ma credo che le strade
meno battute siano sempre quelle più interessanti.
Il
terzo e ultimo borgo, dopo aver saltato Vernazza con la promessa di tornarci, è
Monterosso
al Mare, località tra le più duramente colpite dall’alluvione che ha
travolto il Levante ligure nel 2011. Tra tutti i borghi che ho visitato, questo
è sicuramente il più “turistico”: spiagge affollatissime, bar pieni di persone
in costume, negozietti presi d’assalto. Probabilmente, è il paese più bello tra
quelli che ho potuto vedere, ma mi ha dato l’impressione di essere anche quello
più artefatto, più piegato alle esigenze del turismo e quindi meno “autentico”.
Chiaramente si tratta di un’impressione personale, su questo non devono esserci
dubbi, e sarei felicissimo di tornare a visitare Monterosso al Mare e rendermi
conto di essermi sbagliato. Ciò che più mi colpisce è il tunnel che collega l’abitato
più moderno (Fegina, dove ci sono la stazione e gli stabilimenti balneari) al
borgo antico: sarà la musica di un artista di strada che lo attraversa e lo
riempie, sarà la diversità tra la parte vecchia e quella nuova, ma
attraversarlo mi sembra un’esperienza molto più bella del semplice transito
all’interno di un tunnel.
Il mio
giro è ormai quasi alla fine e si allunga fino a Levanto, tranquilla cittadina
con importanti architetture religiose che merita sicuramente una visita, anche
se non è suggestiva come i borghi visitati sinora. La via del ritorno verso La
Spezia, per la gente del posto, è normalmente l’autostrada, soprattutto quando
il tempo a disposizione non è molto. Ma io, chiaramente, resto fedele il più
possibile alla mia regola “niente autostrade” e torno lungo la SP38, che mi
regala qualche altro bello scorcio per poi riportarmi sulla via Aurelia, e da
lì di nuovo a La Spezia. È il termine di una giornata molto calda e per questo
impegnativa, anche se i chilometri percorsi sono circa 130, non di più. Un bel
giro, molto suggestivo, che sarebbe di certo più godibile a giugno o settembre,
lontani dalle folle di luglio e agosto e dalle temperature di piena estate.
E
domani, partenza verso Parma e poi Busto Arsizio.
Luca Porcella, nato a La Spezia nel 1989, vive in provincia di Roma da quando aveva un anno. Diplomato al Liceo Classico, si è laureato in International Relations e dal 2013 ha iniziato a lavorare come consulente per il settore pubblico per clienti italiani e internazionali. Da ottobre 2016 vive a Bruxelles, dove ora lavora per la Commissione e assaggia birre di ogni tipo. Appassionato di gastronomia, segue con interesse il mondo del food e ama girare in moto tra le sagre di paese. Disegna, suona, scrive, e si diverte a cucinare, per la felicità di amici e parenti che non esitano ad affidargli le “chiavi” dei fornelli.
La sua specialità è, senza dubbio, l’aglio olio e peperoncino di mezzanotte.