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Spagna, campione anche in cucina

Spagna, campione anche in cucina

In omaggio alla Spagna, campione con merito degli Europei di calcio, dedichiamo questa breve sintesi dedicata alla sua cucina. E’ una infarinatura, tipo quella che si fa alla frittura di pesce prima di buttarla in padella. Così se qualcuno è in partenza per la penisola iberica e non conosce i maggiori cibi e piatti spagnoli, non andrà in vacanza completamente a digiuno.
Diciamo intanto che la cucina italiana e quella spagnola sono figlie dello stesso padre, il Mediterraneo, e della stessa madre, la fantasia. Ma la cucina italiana e quella spagnola pur somigliandosi in molti aspetti- ingredienti, metodi di preparazione, condimenti, la storia (alcuni piatti e intingoli, come i nostri, soprattutto alcuni del Sud, hanno radici romane o arabe), la geografia e l’economia (mare, clima, colture, vegetazione, allevamenti)-, sono come due sorelle cresciute in ambienti assai diversi. La cucina spagnola è assai diversa da regione. Anche la nostra, è vero, mantiene grazie a Dio (e a scrittori di penna e palato ben educati: Monelli, Soldati, Maffioli, Buonassisi, Dino Villani e all’Accademia italiana della cucina), spiccati caratteri regionali e ci regala sapori straordinari nella loro varietà e complessità, ma dopo l’impresa dei Mille, mentre i garibaldini si fermavano sul Volturno, i gusti della “Terronia” superavano il fiume e conquistavano la “Polentonia” favorendo il processo unitario: Magna Grecia capta ferum victorem cepit.
La cucina iberica è, invece, rimasta orgogliosamente diversa e disunita dall’Aragona all’Andalusia, dalla Catalogna alle Province Basche, dalla Castiglia alla Galizia all’Estremadura. Tanto disunita che molti (gli spagnoli per primi) affermano che la cucina spagnola non esiste, che ci sono 17 cucine- tante sono le regioni-, nazionali.
Ogni regione è gelosa della propria tradizione culinaria e il risultato è una varietá di piatti e specialitá gastronomiche che, come i conquistadores, si sono sparsi per il mondo. Tantissimi piatti, ma pochi, davvero pochi, conosciuti. Vogliamo provare questo modestissimo test per saggiare il grado di conoscenza della cucina spagnola? Si citino almeno cinque specialità gastronomiche o piatti (lasciamo perdere le ricette) tipici della penisola iberica. Chi dà una sola, scontata risposta, paella, ha un q.g. (quoziente gastronomico) a terra e tutto il sapere sulla tavola spagnola se l’è conquistato nella pizzeria sotto casa. Se oltre alla paella si conosce il ghiotto pata nigra, lo jamon serrano (prosciutto crudo) di maiale iberico, va un po’ meglio, ma l’ignoranza su quella cucina rigurgitante di tesori di bontà è sempre abissale. Se si arriva a citare anche la tortilla de patatas o il pollo alla catalana o, e qui andiamo sul difficile, il gazpacho andaluso o gli alubias rojas, i fagioli rossi, o, addirittura, il cocido madrileño,  è tutto grasso che cola: almeno una volta in Spagna ci siete stati e avete apprezzato. 
Comunque vada il q.g. non bisogna scoraggiarsi. I margini di miglioramento sono infiniti. Soprattutto per chi vuole capire, passo dopo passo, l’anima della cucina spagnola, magari, tornato a casa, provandola tra i fornelli di casa sua. Perché non c’è niente di meglio per vedere che mettersi in viaggio. E non c’è niente di meglio per vedere meglio, che viaggiare assaporando i sapori diversi da quelli di casa nostra. E magari farli diventare nostri seguendo le ricette spiegate per filo e per segno, imparando i trucchi dei cuochi di madre lingua (e padre palato). Cucinando, insomma.
In un ideale viaggio in Spagna dal Golfo di Guascogna allo Stretto di Gibilterra, dai ristoranti di Madrid alle osterie delle Baleari, si apprezzeranno i piatti dal sapore agrodolce medievale dell'Ampurdán, regione di mare e terra che ha prodotto una cucina di mare e terra; le ricette di pesce (quante varietà di baccalà!) catalane, basche, galiziane o dell’Asturia. In Andalusia troviamo ghiottonerie lasciate in eredità dagli arabi. Chi ha provato l'agnello cotto col miele di rosmarino non lo scorda più.
L'Estremadura, terra storicamente povera, dovendo fare di necessità virtù, ha conquistato una cucina immaginativa: guazzetti d'agnello, intingoli di capretto, salumeria portentosa. E l’orgoglio culinario delle Province Basche? Squisito, sapido, fatto di piatti di pesce accompagnati da quattro salse fondamentali: bianca per il pil-pil, verde per il nasello alla basca, la rossa vizcaìna e la nera per le seppie in umido. Ci fermiamo nelle Asturie, il cui piatto principale è la fabada a base di pregiate parti del maiale accompagnate da grossi fagioli. Infine, chi ha la fortuna di trovarlo in qualche locale o in casa di qualche contadino, assaggi il Cabrales, formaggio fermentato vestito di… foglie di fico.

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Morello Pecchioli
Spagna, campione anche in cucina

Morello Pecchioli

Morello Pecchioli

Direttore di Golosoecurioso. Giornalista professionista. Archeogastronomo. È stato caposervizio del giornale L’Arena di Verona. Ha scritto i libri “Il Bianco di Custoza”; “Il rosto e l’alesso, la cucina veronese tra l’occupazione francese e quella austriaca”; “Berto Barbarani il poeta di Verona”. Scrive per la rivista nazionale dell'Associazione italiana sommelier "Vitae", per "Il sommelier veneto" e per il quotidiano nazionale La Verità diretto da Maurizio Belpietro. Ha collaborato, con Edoardo Raspelli, alla Guida l’Espresso. È ispettore della guida "Best gourmet dell'Alpe Adria". Ha vinto i premi Cilento 2006; Giornalista del Durello 2007; Garda Hills 2008. Nel 2016 ha avuto il prestigioso riconoscimento internazionale Premio Ischia per la narrazione enogastronomica. Nel 2016 ha scritto il libro "Le verdure dimenticate" e nel 2017 "I frutti dimenticati", pubblicati entrambi da Gribaudo. Sempre per Gribaudo ha scritto "Il grande libro delle frittate". In collaborazione con Slow Food ha pubblicato nel 2018 il volumetto sul presidio "Il broccoletto di Custoza".
Indirizzo mail: morello.pecchioli@golosoecurioso.it

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