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BURSÔN UNA STORIA DI ROMAGNA

BURSÔN UNA STORIA DI ROMAGNA

Esistono ancora le favole? Le mamme e le nonne le raccontano ancora? O si sono perse nei meandri della memoria del terzo Millennio? Esistono, comunque, luoghi incantati dove la natura e le bellezze artistiche possono fare stregonerie graffiando la fantasia del viaggiatore. Adagiato sulla pianura, Bagnacavallo, con le sue viuzze, i suoi palazzi nobiliari e gli edifici religiosi, che ne hanno fatto a partire dagli anni ’60 il set privilegiato di molti registi del miglior cinema italiano, è un luogo che ispira e suggerisce l’ascolto o addirittura invita ad inventare con tranquillità, storie e leggende. Per scoprire la sua anima più autentica bisogna però essere pronti a lasciarsi sedurre dalla spontanea ospitalità dei suoi abitanti entrando in empatia con loro, partecipando al rispetto per la natura e la tradizione. Una delle chiavi, unitamente a quella delle bellezze artistiche, architettoniche e naturali, per accedere al cuore di questo comune della provincia ravennate è il vino Bursôn, frutto dell’Uva Longanesi. Nato da una felice intuizione di Antonio Longanesi, soprannominato “Bursôn”, che amante della caccia era solito trascorrere le giornate invernali in un capanno situato nei pressi di un roccolo, una quercia, dove si arrampicava una vite selvatica, sconosciuta, la cui uva sarebbe stata in futuro in grado di dare un vino di  ben 14 gradi alcolici. Così, nel 1956 Antonio impianta il suo primo vigneto di Uva Longanesi facendo successivamente assaggiare il proprio vino a conoscenti e amici, tra i quali il giovane enologo Sergio Ragazzini, che insieme all’amico Roberto Ercolani (viticoltore), entrambi di Bagnacavallo, decidono di creare un “grande vino rosso di pianura”. Ormai consapevole delle grandi potenzialità di quest’uva locale Sergio propone di rivolgersi ad Antonio Longanesi e, in suo onore, decidono di chiamare questo nuovo vino “Bursôn”. E’ con il bicchiere in mano così che si può imparare a conoscere Bagnacavallo e la sua gente, a distinguere un “Bursôn” di Daniele Longanesi da quello di Antonio Casadio. Qui la gente è felice della sua vita e fiera della sua cantina, della sua casa. Ama i suoi vigneti aperti sulla strada e quelli segreti delle uve migliori; esalta le bellezze delle abbazie, delle chiese, delle dimore dove s’infiltrano i racconti popolari, le leggende, in un mondo a volte oscuro al viaggiatore frenetico. Mai in questa terra andare di fretta, altrimenti non ti offre niente. Segno della felicità, il Bursôn racchiude in sé un indimenticabile bouquet, così come è indimenticabile la storia del celeberrimo brigante Stefano Pelloni, detto il Passatore, che raggiunse la fama di “Robin Hood della Romagna”, uno dei più illustri personaggi di Bagnacavallo, nato nella frazione di Boncellino. Ma ‘Se venite a Bagnacavallo per la via Albergone, pedalando senza fretta, in bicicletta, provate a sostare prima di passare il fiume, e di guardare, davanti a voi tutta quella strada dritta; siete arrivati nella terra del Bursôn dove l’anima della gente è calma e schietta: io sono tanti anni che sono fuori giro, e se ci penso mi si stringe la gola; guardate la in fondo dove comincia il cielo, dove può arrivare a fatica un uccello, San Girolamo, San Francesco, San Michele, San Giovanni, la torre civica, e quello bello del Carmine; si vede tutta quell’infilata di campanili, che ti parlano al cuore e ti fanno tornare ragazzo’, così scrive splendidamente ne ‘I campanili’ Battista Cavassi nel descrivere questa terra e la sua gente. Una terra, dove sottili matite ben temperate, orientate verso l’intenso azzurro del cielo sembrano sempre pronte a scrivere antichi versetti poetici o fantastiche leggende, un soprannaturale sortilegio che mantiene intatta la profonda tensione spirituale e il misterioso fascino di una radicata e diffusa ispirazione religiosa, un incanto mistico che affonda nei secoli di bellezza. Bellezza che a Bagnacavallo nasce anche dal Bursôn, da questo vino che racchiude in sé la doppia comunione: con la natura e con la gente del luogo che l’ha voluto, mettendo a frutto tutte le loro conoscenze, il loro lavoro, il loro amore, perché non esiste Bursôn senza amore. Inutile dire che il mercato di questo vino è in forte ascesa grazie anche al Consorzio il Bagnacavallo, quindici produttori che già avevano aderito e creduto nel “progetto Bursôn”. Un consorzio nato per la valorizzazione dei prodotti tipici locali che costituisce ad oggi un punto di riferimento fondamentale per l’economia e la cultura del territorio, che ha saputo esprimere al meglio le sue valenze storiche, artistiche e culturali, proponendosi come strumento di integrazione opportuna fra le attività produttive primarie ed il turismo locale. Ecco perché possiamo affermare che il vino Bursôn è una vera storia di Romagna. www.consorzioilbagnacavallo.it

Claudio Zeni




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Claudio Zeni, laureato in Letterature e Lingue straniere è nel mondo del giornalismo dall’età di 18 anni. Appassionato di sport, enogastronomia e turismo collabora con media locali, nazionali ed internazionali di settore. Tra i principali riconoscimenti giornalistici assegnatigli si ricorda il premio nazionale Gennaro Paone consegnatogli a Roma dal direttore generale dell’Enit, il I.o premio giornalistico nazionale ‘Strada del Vino del Recioto e di Gambellara’,  il I.o premio ‘Primavera del prosecco’, 'Amici della Chianina', 'Premio Tarlati', 'Scandiano', 'Sant'Angelo in Vado, 'Apicio', 'La bisaccia del tartufaio', 'Burson'. Per quattro anni ha seguito l’Hong Kong Food Festival e per due ha coordinato la manifestazione nazionale Top of Golf finalizzata alla proclamazione del miglior ristorante della ‘Wine Tour Cup’ dell'Associazione 'Città del Vino'. Coordinatore della giuria e dei cuochi del concorso culinario ‘Tartufo d’oro’ di Gubbio’. Unitamente al Presidente dei Cuochi di Arezzo organizza il concorso  'Penne bruciate', giornalisti ai fornelli dove a vincere è il 'piatto peggiore'. Autore con Leone Cungi del libro ‘Sport e società a Monte San Savino (Un secolo di storia sportiva e tradizioni sul borgo toscano). 

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