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ALLE MORETTE SI DISCUTE SULL'ANIMA DEL LUGANA

ALLE MORETTE SI DISCUTE SULL'ANIMA DEL LUGANA

Il Lugana ha un'anima? E se ce l'ha, dov'è? Nei geni delle viti che si distendono da Peschiera a Lonato? Nelle argille lasciate dal ghiacciaio che diede vita al Garda? Nella preistorica selva lucana o nella storia secolare di questa terra? Ha le radici nelle uve trebbiane che vendemmiavano i nonni degli attuali viticoltori o nella moderna Turbiana, tanto studiata e declinata oggidì per ricavarne un vino che incontri (o tempora, o mores!) il favore del gusto internazionale?
Fabio Zenato, titolare col fratello Paolo dell'azienda Le Morette in località Lizzarola di Peschiera sul Garda, non ha dubbi. In un incontro organizzato nella sua cantina (titolo: "L'Anima del Lugana"), al quale è stata invitata una quarantina di giornalisti e blogger del settore, l'anima è nei geni del vitigno. Lo ha sottolineato partendo dalla sua tesi di laurea discussa anni fa alla facoltà di Agraria dell'Università di Milano: "In quell'occasione", ha ribadito Zenato, "si dimostrò che il Trebbiano di Lugana presenta elementi di differenziazione genetica rispetto ad altri vitigni appartenenti alla famiglia dei Trebbiani e considerati fino a quel momento affini. Da qui si è arrivati, attraverso una serie di studi successivi, a confermare l'identità del  vitigno e nel 2011 ad inserire nel disciplinare la denominazione ufficiale: Turbiana. Oggi il Consorzio Tutela vini Lugana è impegnato in un progetto per l'individuazione e registrazione di nuovi cloni a partire da un gruppo di 60 biotipi diversi. Una ricerca che vede impegnata anche l'azienda agricola Le Morette nella fase vivaistica".
Un vivaio, quello dell'azienda agricola Valerio Zenato-Le Morette che negli ultimi 50 anni ha fornito le piantine a gran parte dei vigneti dell'area del Lugana. "E questo", ha continuato Fabio, "ha comportato un elevato grado di conservazione del germoplasma. In altre parole ha garantito la presenza del vitigno autoctono nel territorio, senza influenze di altre varietà estranee. Il risultato di questo percorso storico è stato un migliore adattamento della vite al territorio. Oggi il vino Lugana, proprio grazie a questa stabilità genetica e alle caratteristiche delle argille dell'area, ha sviluppato caratteristiche sempre più definite e riconoscibili. Possiamo dire che qui vino e territorio sono diventati un assioma indissolubile”.
Oltre a ciò, è stato sottolineato, durante l'incontro, che i vigneti di Turbiana vivono mediamente più a lungo, arrivando ad una vita media di oltre quarant'anni. Non è solo un vantaggio per il viticoltore. Questo garantisce anche ai vini maggiore mineralità e carattere, che sono certamente due tra gli aspetti più apprezzati del Lugana.
Parole che confermano quanto disse Luigi Veronelli tanti anni fa, prima delle indagini genetiche e degli studi clorali: "I Lugana, cosa rara nei vini, hanno una straordinaria capacità di farsi riconoscere. Assaggi un Lugana e non puoi dimenticarlo". Veronelli si riferiva, appunto, all'anima del Lugana. Ma l'anima di un vino- e i Veronelli, i Monelli, i Soldati, gli Hans Barth lo sapevano bene-, come quella di qualsiasi vivente, non è solo scienza, laboratorio. E' soffio vitale, spiritualità, energia. E' l'insieme di tutte quelle cose palpabili e impalpabili che concentrano in un vino l'humus (termine che preferisco al francese terroir) di un territorio: fedeltà, sacrificio, passione, storia, clima, tradizione. Terra e umanità.
Non per niente nei vini dell'azienda Le Morette si sente il fiato delle argille depositate milioni di anni fa dall'immensa lingua di ghiaccio che formò il Benàco. E si sentono le mani di Valerio, babbo di Fabio e Paolo, e di Gino, il nonno, fondatore dell'azienda di Peschiera e del vivaio. Nei Lugana Mandolara e Benedictus degustati durante l'incontro (tre annate del primo e tre del secondo messe a confronto: 2012, 2008, 2006) e abbinati, dopo, ai grandissimi piatti dello chef Corrado Fasolato del ristorante Spinechile di Schio (anche un Lugana Riserva), abbiamo colto- a parte il sauvignato Mandolara 2012-  uno spirito antico.
Il Lugana in generale sta affrontando le sfide internazionali con grande successo. Speriamo che la smania di adeguarsi ai gusti di moda per fini commerciali non gli faccia dimenticare di avere un'anima da difendere.

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Morello Pecchioli
Alle morette si discute sull'anima del lugana

Morello Pecchioli

Morello Pecchioli

Direttore di Golosoecurioso. Giornalista professionista. Archeogastronomo. È stato caposervizio del giornale L’Arena di Verona. Ha scritto i libri “Il Bianco di Custoza”; “Il rosto e l’alesso, la cucina veronese tra l’occupazione francese e quella austriaca”; “Berto Barbarani il poeta di Verona”. Scrive per la rivista nazionale dell'Associazione italiana sommelier "Vitae", per "Il sommelier veneto" e per il quotidiano nazionale La Verità diretto da Maurizio Belpietro. Ha collaborato, con Edoardo Raspelli, alla Guida l’Espresso. È ispettore della guida "Best gourmet dell'Alpe Adria". Ha vinto i premi Cilento 2006; Giornalista del Durello 2007; Garda Hills 2008. Nel 2016 ha avuto il prestigioso riconoscimento internazionale Premio Ischia per la narrazione enogastronomica. Nel 2016 ha scritto il libro "Le verdure dimenticate" e nel 2017 "I frutti dimenticati", pubblicati entrambi da Gribaudo. Sempre per Gribaudo ha scritto "Il grande libro delle frittate". In collaborazione con Slow Food ha pubblicato nel 2018 il volumetto sul presidio "Il broccoletto di Custoza".
Indirizzo mail: morello.pecchioli@golosoecurioso.it

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